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Zero fondi pubblici ai giornali che incitano all’odio e usano un linguaggio sessista


 
Qualche giorno fa il quotidiano nazionale Libero, dopo l’ennesimo episodio di violenza su una donna, ha apertamente criminalizzato e condannato la vittima, cioè la donna. I giornali in Italia hanno accesso a fondi pubblici, secondo una legge del 2017. Pina chiede di modificare la legge con un’integrazione e cioè stabilendo che giornali e altri mezzi di comunicazione che utilizzano un linguaggio misogino, razzista e discriminatorio non accedano a questi fondi. Perché i cittadini dovrebbero pagare per diffondere odio?










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Mentre si moltiplicano in maniera sempre più preoccupante gli attacchi allo stato di diritto in Europa, e in particolare ai diritti delle donne, e dopo l’ennesimo episodio di criminalizzazione di una vittima di violenza sessuale avvenuto in data 24 novembre sul quotidiano nazionale Libero, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, pensiamo sia ora di dire basta all’uso delle istituzioni pubbliche nazionali ed europee come se fossero un bancomat: non è ammissibile sfruttare il denaro di tutti per minare le conquiste democratiche che abbiamo ottenuto a caro prezzo, comprese quelle nel campo della parità di genere.

Qui ed ora, una donna su tre è vittima di molestie e nel nostro paese sono state 93 le vittime da gennaio 2020. Non è più tollerabile leggere parole pubbliche irrispettose e lesive della dignità delle vittime

Il traguardo della piena parità si raggiunge giorno per giorno e passo dopo passo, con misure concrete. Il nostro passo di oggi è questo:

- chiediamo di modificare il Decreto Legislativo n. 70 del 15 maggio 2017 che disciplina i requisiti di accesso per il contributo pubblico all’editoria, stabilendo che i giornali e gli altri mezzi di comunicazione che usano quotidianamente e senza ritegno un linguaggio misogino,sessista, discriminatorio e di incitamento all’odio non possano accedere ai fondi pubblici per l’editoria.

Non possiamo permetterci passi indietro sulla parità di genere. Né oggi, né mai.


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