Milazzo : presentata, con successo, la commedia "LA SALA D'ATTESA "di Stefania De Ruvo a cura del Teatro Libero
LA SALA D'ATTESA di Stefania De Ruvo
Associazione Astrea -Amici delle Donne" Milazzo
L'Associazione Astrea "Amici delle donne ", in occasione del 7° anniversario della fondazione e in un momento così doloroso per tutti, con la rappresentazione teatrale LA SALA D'ATTESA di Stefania De Ruvo, ha voluto contribuire alla riflessione collettiva perché si affermi la cultura della vita.
Complimenti al "Gruppo Teatro Libero" che, con competenza e capacità artistiche ha saputo rendere ancora più significativa la serata. dello scorso 24 novembre al Teatro Trifiletti di Milazzo.
Quando si parla di violenze sulle donne alcuni pensano che si tratti di una divisione inutile della violenza.
Crediamo invece che la violenza sulle donne abbia una “peculiare” unicità.
Femminicidi, stupri e violenze domestiche hanno una caratteristica comune che si fonda sul rapporto tra uomo e donna e che vanno oltre le inclinazioni violente del singolo. E’ e rimarrà una violenza di genere.
"LA SALA D'ATTESA- si svolge in una sala d’attesa atipica con nessuna caratterizzazione e quindi neutra. Poche sedie ed un tavolino con delle riviste, in scena sei donne d'età indicativa con la morte, la violenza di cui è stata vittima.
Lo spettacolo si presta anche a rappresentazioni in spazi alternativi, con una diversa disposizione delle donne ad es. in circolo con il pubblico disposto esternamente ed anche all’interno del cerchio stesso.
La sala d’attesa - è una sorta di limbo dove un gruppo eterogeneo di donne si ritrova ad aspettare sempre qualcosa di diverso, non avendo consapevolezza di dove si trovano. Tutte sono state vittime della violenza degli uomini fino ad arrivare all’estrema conseguenza la morte.
Caratteristica comune di tutte è l’assenza della memoria del proprio vissuto, chi solo degli ultimi giorni, chi di interi anni. L’uscita dalla sala d’attesa è il simbolo della liberazione dal senso di colpa e di responsabilità che accompagna e tiene imprigionate molte donne che subiscono violenza.
Esistono tragedie nel mondo che vengono subite dalle donne: l’infibulazione ed altre forme di mutilazione dei genitali, le spose bambine, gli stupri di guerra, la vendita delle schiave, la prostituzione coatta, i “finti” suicidi d’onore, gli omicidi, le lapidazioni, le segregazioni e potrei continuare. Queste tragedie potrebbero far pensare che la violenza sulle donne sia appannaggio di altre culture invece basta leggere un giornale per capire che non è così. Per questo l'autrice - ha deciso che con questo testo di fermarsi e concentrarsi sulla nostra realtà.
La pièce è strutturata in dialoghi e monologhi.
Questi ultimi, anche se riguardano la storia di donne diverse, vanno a formare un’unica successione, perché tutte le storie di violenza hanno caratteristiche comuni: l’inizio felice della relazione, il periodo di tensione ed infine la violenza.
Durante lo svolgimento dell’opera le sei donne ricorderanno la loro storia raccontandola alle altre usando il tempo presente, perché rivissuta dalle protagoniste man mano che viene ricordata, senza essere contaminata dal ricordo finale della violenza.
La scelta di non dare un nome a queste donne è voluta per facilitare il processo di immedesimazione dello spettatore e per rappresentare il senso di smarrimento che si subisce con la violenza, infatti solo all’uscita dalla sala d’attesa le donne torneranno in possesso del proprio nome. Nel finale, uno spiraglio di speranza che queste tragedie possano, se non scomparire, almeno ridursi di numero.
Le quinte rappresentano le porte di ingresso e di uscita e due luci a taglio provenienti dalle quinte servono ad indicare quando quest’ultime vengono aperte. Le donne entrano a sinistra ed escono a destra passando “oltre”.
Foto Reporter Prof Mento
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