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Essere Leghisti al Sud

Il candidato a Sindaco , Damiano Maisano)
  

Amministrative  l’exploit della Lega firmato Damiano Maisano ?
 


Sono in molti a credere  che,  Damiano Maisano, consiglere comunale di Milazzo,  ripeterà l’exploit delle Europee  raccogliendo una pioggia di consensi sulla candidata da lui proposta. Annalisa Tardino, peraltro divenuta anche neo deputata europea, ha infatti ottenuto quasi 1400 preferenze nonostante fosse una perfetta sconosciuta a Milazzo, essendo originaria di Licata.
Ma cosa significa  essere Leghisti al Sud? 
Per anni il Sud ha rappresentato l’argine contro l’ascesa della Lega, un partito che da Roma in giù vantava percentuali farsesche. Il motto “Il Sud non dimentica” era l’ultimo baluardo di una resistenza che aveva le sue fondamenta nell’orgoglio e nell’appartenenza. Quando Salvini metteva piede a Napoli o a Palermo rischiava il linciaggio, per il semplice fatto che la Lega era “Nord”, e dipingeva il Sud come ostacolo all’ascesa del Nord Italia “avanguardia del Paese”: il Sud era una palla al piede, i meridionali dei parassiti. Poi qualcosa è cambiato.







Alle elezioni del 4 marzo, come è risaputo, il Sud è stato terra di conquista grillina. Le vecchie roccaforti berlusconiane (su tutte la Sicilia) sono state attratte dalle sirene pentastellate. La Sicilia per un ventennio è stata sotto il controllo di Berlusconi, sempre e comunque. Unica eccezione la vittoria di Rosario Crocetta

Salvini è riuscito a far sparire tutte le scorie di questo nauseabondo passato, senza che nemmeno fosse troppo remoto. La sua terrificante abilità risiede nel gesto politico più antico del mondo: trovare un nemico. I “poteri forti” del M5S erano qualcosa di troppo astratto, servivano dei volti, dei nomi e una massiccia dose di propaganda. Ad ampio raggio, quindi uscendo dai recinti padani. Prima ha ammansito gli italiani, avvicinandosi all’inedita (per lui) passione per il tricolore. Poi ha teso la mano ai meridionali, di cui aveva bisogno per fini elettorali. I nuovi terroni adesso sono i migranti. I nemici perfetti

Adesso l’andazzo è cambiato, potendo sostituire “prima gli italiani” . Suona comunque come una forzatura, parlando dello stesso Salvini che indossava le magliette con la scritta “Padania is not Italy” e che nel 2000 conduceva, su Radio Padania, una trasmissione dal titolo “Mai dire Italia”, dove tifava contro la Nazionale e durante la finale sperava spudoratamente in una vittoria della Francia. Salvini per anni ha fatto battaglie feroci contro l’euro, salvo poi diventare mansueto e confortare Mattarella (nel plauso generale) una volta divenuto Ministro. Eppure un tempo dichiarava che: “La Lombardia e il Nord se lo meritano l’Euro, io a Milano lo voglio, perché qui siamo in Europa. Il Sud invece deve avere un’altra moneta, è come la Grecia.” Il Capitano che adesso si erge a rappresentante e collante della nazione una volta chiedeva carrozze metro solo per milanesi. Erano i tempi in cui Borghezio dai palchi rivendicava la propria provenienza: “Noi siamo celti e longobardi, non siamo merdaccia levantina o mediterranea,” oppure spiegava pacatamente i suoi propositi: “Noi che siamo padani abbiamo un sogno nel cuore: bruciare il tricolore,” o si prodigava a gettar fango sulle tragedie, una cosa che gli è sempre riuscita particolarmente bene: “Un sano realismo padano ci ha fatto capire che l’Abruzzo terremotato è un peso morto.”

Salvini trascende lo Stato, la magistratura, la polizia. Le sue squadriglie sono rappresentate dai leghisti che si presentano nelle spiagge pugliesi per la caccia al vucumprà, salvo poi essere cacciati a loro volta in malo modo dai bagnanti, in un barlume di fratellanza civile. La strategia del leader leghista è quella di aggrapparsi al sovranismo da bar, all’amor di Patria sbandierato da chi quella Patria la considerava un cacatoio a cielo aperto. Il popolo ha bisogno di essere difeso dai nemici immaginari, di trovare il colpevole delle loro difficoltà. E Salvini li indirizza nella direzione a lui più congeniale; è il più scaltro dei politici nella sua incoerenza, il più manipolatore nella sua costante belligeranza. Come in guerra vengono assoldate le reclute tra i mercenari, lui ha attinto da quelle che un tempo erano le “truppe nemiche”. E loro hanno abboccato, una volta che nemici sono diventati gli altri: lo straniero invasore, i burocrati di Bruxelles, gli ipocriti buonisti.

Il Sud continua a versare in condizioni da terzo mondo, dunque è normale cercare un appiglio per sguazzare fuori dal fango che lo stesso Stato ha accumulato nei decenni. Cedere alle chimere del reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle appare quasi una logica conseguenza, assimilabile ai posti di lavoro promessi da Berlusconi in passato. Abbracciare il verde di Pontida, però, resta un procedimento contro natura. Il lessico proprio di Salvini che esce dalla bocca di un siciliano, di un calabrese o di un campano risulta tanto dissonante quanto il brindisi di un messicano a Trump e alla Casa Bianca. Ma siamo il Paese delle contraddizioni e della memoria corta: le barricate del Sud sono crollate, lasciando campo aperto per le razzie dei Longobardi contro un popolo inferiore e succube del proprio destino. Alle elezioni europee di maggio questo paradosso e il risultato palese.





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