La raccolta tappi, ovvero la plastica che fa del bene
Separare i tappi dalle bottiglie è un ottimo modo per fare beneficenza ma anche per migliorare la raccolta differenziata. In Veneto, dal 2010, ne sono stati raccolti oltre un milione di kg
“Voglio dirti una parola sola, solo una parola: plastica. L’avvenire del mondo è nella plastica. Pensaci.”
La citazione è tratta dal film “Il laureato” con Dustin Hoffman, datato 1967. Oltre 50 anni addietro, la plastica era ovviamente in uso (pensiamo ai telefoni in bachelite, diffusissimi già dagli anni 30…), ma non era così popolare come oggi. Fermiamoci a riflettere: le cover dei nostri cellulari di cosa sono fatte? Di plastica. Gli interni delle automobili? Di plastica.
Ma l’uomo, a volte, non è particolarmente accorto con questo materiale. Per cui le bottiglie del detersivo e del latte le getta una volta vuote, quelle del sapone non le riempirà certo all’infinito e anche quelle dell’acqua fanno la stessa fine. Se Tizio beve un litro di acqua al giorno, può darsi che nel cestino vadano due bottigliette da mezzo, formato molto diffuso al giorno d’oggi.
Occhio però: con un gesto semplice come svitare il tappo e tenere questo da parte per inviarlo ai centri specializzati si può inquinare meno e fare del bene. In primis, i tappi e le bottiglie sono sì ambedue di plastica, ma di due sostanze diverse: PE (polietilene) per i tappi e PET (polietilene tereftalato) per le bottiglie, quindi devono essere riciclati in due modi diversi. Separandoli si può quindi incentivare la raccolta differenziata. In secondo luogo, con la raccolta dei tappi si può aiutare chi è meno fortunato di noi. Ed è proprio questo lo scopo primario per il quale si era deciso di iniziare il progetto: raccogliere e vendere i tappi così da poter utilizzare i fondi raccolti per donare una sedia a rotelle per un disabile o una persona anziana.
Analizziamo i pregi e i difetti dell’argomento in questione. Siccome di solito dinanzi a un bivio si usa fornire prima le cattive notizie, partiamo dai difetti: i tappi non sono di certo di pregio, se presi singolarmente. Il valore di una tonnellata di tappi, corrispondenti a circa 400 mila unità, è di circa 150 euro. Pochini, non trovate? E come li trasportiamo, qualcuno potrebbe chiedersi, 400 mila tappi? Da realtà nazionali come la Cicap emerge che il costo di trasporto tramite van è di molto superiore rispetto al mero valore dei tappi. A ciò si aggiungono i costi che devono essere sostenuti per tenerli (nel senso del deposito) e per condurli alle società di riciclaggio.
L’operazione raccolta quindi è di per sé antieconomica. E a che serve dunque? Serve più che altro come strumento di sensibilizzazione sia rispetto alle persone più svantaggiate, sia rispetto alle latitudini del mondo più povere delle nostre. E gli aspetti positivi? Ci arriviamo subito. Abbiamo appena parlato di sensibilizzazione. Ebbene, il separare i tappi e il metterli da parte, consente di aiutare chi è più disagiato senza mutare le proprie abitudini quotidiane. Inoltre, questo “far del bene quasi senza accorgersene” non è solo in Italia, anzi il centro nevralgico si trova in Francia.
La maggiore associazione si chiama Bouchons d’Amour. Sparsi per il territorio francese ci sono 97 punti di raccolta, che non solo devono fare sensibilizzazione, ma anche trovare i posti dove mettere i tappi. Dall’inizio degli anni 90 ai primi anni 2000, l’associazione francese ha raccolto 485 milioni di tappi, ossia 1.187 tonnellate corrispondenti a circa 90 mila euro. L’iniziativa si è dal 2002 spostata con successo anche in Belgio.
Francia, Belgio… ok. Ma sarete curiosi di sapere cosa si fa in proposito nel nostro Belpaese. Qui le raccolte sono gestite principalmente dalle Caritas e dalle Confraternite di Misericordia. Il centro è la Toscana, e sin dai primi anni 2000 le cose non sono andate male: “Col denaro raccolto nel 2001 abbiamo comprato una carrozzina da donare alla missione di Malawi, in Africa” disse Enrico Sassano, responsabile nel 2003 della Caritas.
Ma non solo le Caritas sono impegnate in questa iniziativa benefica: troviamo, ad esempio, “Amico dell’Ambiente”. Amico dell’Ambiente è un progetto per la raccolta dei tappi di plastica attivo dal 2007. L’iniziativa sta andando molto bene, tanto che solo nel 2014 sono stati recuperati 300 milioni di tappi. È attivo in Veneto e in altre sette regioni, con l’obiettivo di estenderlo a tutta Italia per far conoscere le possibilità di riciclo dei tappi di plastica, che in questo caso vengono trasformati in cassette di plastica per l’ortofrutta (in collaborazione con il consorzio Conip). In questo tipo di raccolta sono state coinvolte più di 400 associazioni, con grande soddisfazione a livello sociale.
Stringendo lo zoom dal nazionale al territoriale, “Amico dell’Ambiente“ in Veneto ha raccolto nel 2018 quasi 2.000 quintali di tappi ricevuti dalle varie associazioni e parrocchie, con destinazione l’azienda Imball Nord, specializzata nella lavorazione della plastica. Dal 2010 sono stati raccolti oltre un milione di kg di tappi. Per questa enorme mole di plastica, l’associazione ha pagato circa 400 mila euro, che sono stati donati a parrocchie e scuole.
Anche l’Università di Padova è sensibile a questo tipo di iniziative, e assieme all’Associazione Ricreativa Culturale Sportiva ha deciso di posizionare all’interno della propria struttura contenitori di plastica per la raccolta dei tappi. Come si legge sul sito dell’ateneo, lo scopo è quello di “raccogliere i tappi di bottiglia provenienti da flaconi di bibite, acqua, latte e detersivi consegnandoli all’azienda Imball Nord di Vigonovo […]. Una volta raccolti, i tappi sono macinati e lavorati per essere reimmessi nel mercato sotto forma di nuovi prodotti come cassette o pallet.” Quindi ecco che assieme alla beneficenza, la raccolta permette anche un riciclo e un riutilizzo della stessa plastica, senza ulteriori sprechi.
Ma perché allora non raccogliere anche le bottiglie per finanziare le opere caritatevoli? Perché i tappi non sono considerati rifiuto urbano (e dunque raccoglibili solo da enti appositi), quindi possono farsene carico anche i privati e le associazioni. Citando una nota canzone vittoriosa a Sanremo: “E non puoi dire lascia che sia, perché ne avresti un po’ colpa anche tu. Si può (e si deve) fare di più”.
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