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La Fidapa Messina Capo Peloro presenta il -libro:"Le ciociare di Capizzi". Sarà presente l' Autrice Marinella Fiume


Fidapa Messina Capo Peloro
Sabato 10 Ottobre 2020 nella Sala Consulta della Camera di Commercio di Messina alle ore 17.00 un importante evento organizzato dalla sezione alla presenza delle più alte cariche Fidapa BPW Italy per la presentazione di un bellissimo libro:"Le ciociare di Capizzi".
Editore: Iacobellieditore 
Sarà presente l' Autrice Marinella Fiume con i Coautori Melinda Calandra e Giuseppe Vivaldi

Trama del libro (fonte web)
Lo stupro a danno delle popolazioni civili durante i conflitti armati è strumento di guerra, anche se spesso nascosto e ignorato come crimine di guerra. Le donne sono considerate parte del bottino di guerra, lo stupro viene minimizzato come naturale conseguenza del fatto che gli uomini sul fronte sono lontani dalle loro famiglie, che i soldati meritano un compenso alle loro fatiche, un sollievo allo stress. È un modo "naturale" di dimostrare il loro coraggio e la loro virilità. Il fenomeno diffuso dei bordelli di guerra al seguito degli eserciti ne è una dimostrazione. Insomma il fenomeno è ancora una volta frutto dello stereotipo patriarcale secondo cui la violenza appartiene al maschio e subirla è destino delle donne, sempre inevitabili vittime. A raccontare tutto questo non sono le carte degli archivi, né gli scrittori o i registi, ma le nipoti e i nipoti di quelle donne, quelle che, in Sicilia, non hanno mai raccontato né denunciato e si sono portate nella tomba il peso del macigno che ha gravato per tutta la vita sul loro cuore. 
 
Collana: Frammenti di memoria

 – Nell’estate del 1943 in occasione dell’operazione Husky per liberare dai nazifascisti l’Italia a partire dalla Sicilia, sbarcano a Licata i Goumiers, le truppe coloniali francesi di nord-africani e marocchini.

Da Licata, dove cominceranno a distinguersi per il loro comportamento violento nei confronti delle popolazioni civili, marceranno verso i Nebrodi e si fermeranno nel piccolo villaggio di allevatori, pastori e contadini di Capizzi.

Marinella Fiume, con i volontari del luogo, ha ricostruito per la prima volta i loro truci comportamenti, tollerati se non incoraggiati dal Comando alleato.

Qui sotto riportiamo una precisa, pertinente e recente recensione del libro fatta da Caterina Luisa De Caro, docente di filosofia e storia, vive a Roma ma nata a Mussomeli, è tra i più autorevoli esperti in tema di giardini filosofici italiani.

La Recensione di… Caterina Luisa De Caro

Le ciociare di Capizzi a cura di Marinella Fiume, Iacobelli, Roma, 2020

Descrivere un fatto di guerra come quelli avvenuti allo sbarco in Sicilia degli alleati, i cui testimoni sono in gran parte morti o fuggiti dal luogo in cui avvennero gli eventi, richiede non solo una capacità di analisi delle vicende degli accadimenti, ma soprattutto una conoscenza dell’animo umano alla luce della pudicizia, della pietas, del saper distinguere il fatto certo dal costruito e rimosso a salvaguardia della persona e della comunità che ha vissuto materialmente il fatto e ne conserva la memoria.

Le ciociare di Capizzi: opera sinergica storico-socio-antropologica

Un’opera questa che solo la sinergia di storici, sociologi e soprattutto la sensibilità degli scrittori riesce a fare. Perché mentre i primi dettano le regole del certo, lo scrittore anima, descrivendolo, un mondo di protagonisti la cui dignità si afferma nella lingua, nei gesti, nei racconti onirici o mitici di un evento divenuto e partecipato. Tanto da segnare il prima e il dopo nella comunità.

Se, poi, le tre specificità lavorano all’unisono nel ricostruire una memoria divenuta ormai epica perché si ricongiunge alla trama delle tragedia greca dove la hibris coglie e fortifica le radici culturali degli abitanti, che si riconoscono nella vendetta giustiziera del fato, ma livellatrice e portatrice di pace e pacificazione agli eventi, che ormai vengono riconosciuti nella loro brutalità come appartenenti alla categoria dell’umano, il progetto emerge con chiarezza.

Questa la situazione delle marocchinate in Sicilia era nota solo agli appassionati di Contro storia dell’Unità d’Italia come Gigi di Fiore. Ma la versione storico – socio – antropologica del libro di Marinella Fiume ha il pregio di evidenziare due caratteristiche che spesso sfuggono agli addetti ai lavori: la naturalità della barbarie e la volontà di ribellarsi ad essa attraverso quelle categorie dell’Umano che accompagnano gli eventi storici brutali.

Le marocchinate: atti vandalici giustificate dalla politica di guerra

Le giustificazioni degli atti vandalici sono dettate da quella politica di guerra che sostiene il predatore nei confronti della preda. Soprattutto quando questa è inerme e isolata, e ancor più se donna o bambino. Per cui l’offesa dell’atto viene sempre accompagnata dalla brutalità del disprezzo del corpo e dalla giustificazione allo stupro.

La brutalità e la gratuità di questi fatti era dettata, nel 1943, soprattutto dal pregiudizio che le popolazioni siciliane fossero primitive e barbariche per cui queste violenze rimanevano una cosa tra barbari.

I goumiers erano composti da nord africani e marocchini, affiliati all’esercito francese ed a cui era stata data la libertà di approfittare delle situazioni. Il fine era di fiaccare la popolazione e favorire così l’avanzata delle truppe di liberazione. Visto che liberarsi dei Fascio-nazisti sembrava molto più arduo di quanto si fosse immaginato. E comunque le popolazioni locali,con la loro vita semplice, collegata ai rituali della stagionalità e della terra, venivano associati dai “liberatori” inglesi e americani, a primitivi senza cultura e civiltà.

Lo stupro come strumento di annichilimento della resistenza del nemico

Lo stupro perpetuato nei corpi delle vittime più deboli serviva soprattutto psicologicamente a fiaccare le resistenze psicologiche e la reazione degli uomini vigorosi. E gli uomini di fronte a quest’onta di disonore a cui il corpo delle loro donne veniva sottoposto, avrebbero reagito con un annichilimento e una resa incondizionata di fronte al nemico.

Bene lo sapevano i colonizzatori Inglesi e Francesi, che da secoli utilizzavano queste pratiche per sedare le rivolte nei loro territori ad opera dell’esercito di conquista o da parte degli ascari. Ma la novità dei fatti, rimane la reazione decisa e pronta delle popolazioni locali, atte da secoli alla sottomissione di vari popoli, per cui, la dea Nemesi deve, per riportare dignità ed equilibrio, ripristinare l’ordine, e così avviene.

Il senso di rivalsa dei capitini nell’accettazione del tempo della memoria

I capitini , non solo riequilibrano il loro senso di rivalsa, ma quel che segna il confine tra l’umano e il divino , i figli nati da queste unioni sacrileghe, sono figli della causalità. Per cui le cose accadono e la colpa, se mai ce ne fosse una, è dell’evento, e non della conseguenza dell’atto che viene giustificato nell’appartenere all’umano.

Per cui chi si suicida, chi diviene folle, chi di fronte all’onta fugge e cerca di dimenticare è giustificato, perché agito e non agente dell’evento. La collettività ritrova la sua pace nell’accettare il tempo della memoria. Quella che viene perpetuata nella minaccia che questo possa tornare, per cui bisogna essere preparati a tutto, perché il tutto fa parte della vita.

L’importanza del romanziere

L’importanza del romanziere, del narratore di Storie, sta proprio nel riuscire a dare voce, a mettere a nudo quella Storia fatta di piccole storie spesso sottaciute e violente, ma pregne di significato, tanto da formare il carattere e la forza di un popolo. un esempio eclatante ce lo danno due insigni siciliani: Verga e Pirandello che attraverso il romanzo segnano i più bei passi di contro storia dell’unità d’Italia, raccontando sia i fatti di Bronte che il fallimento delle ideologie unitarie che accompagnarono la nascita del nostro paese e di cui solo da poche decenni siamo finalmente coscienti e partecipi.

Elogio all’Autrice de Le ciociare di Capizzi

A giusto merito, Marinella Fiume va posta coi grandi, perché solo nella narrazione che diviene diffusione e storia si può squarciare il velo dell’omertà. Quell’omertà complice che vuole le vittime soggette al divenire della Storia e ricondurle a protagoniste del destino, prima proprio, poi della collettività che vi si riconosce… e ce ne fossero come lei.


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