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La protesta dei trattori arriva anche a Milazzo , stamattina partita da Falcone, Terme Vigliatore, Barcellona è giunta al casello di Milazzo.


In Italia, la protesta dei trattori, artigiani e imprese continua a guadagnare slancio, con lunghi cortei che si sono svolti stamattina nelle zone di Falcone, Terme Vigliatore, Barcellona e Milazzo. I manifestanti hanno annunciato l'intenzione di portare la loro protesta direttamente a Roma, pianificando di ammassare i trattori fuori dalla città nei prossimi giorni.
Nonostante le rassicurazioni che non ci saranno blocchi stradali, è previsto che ci saranno inevitabili disagi, con l'attesa di migliaia di adesioni provenienti da tutte le regioni italiane. "Tra domani e dopodomani comunicheremo le date e i luoghi. Nei giorni successivi cominceremo a spostare i mezzi. Poi, abbiamo la volontà di fare una manifestazione a Roma nei giorni successivi, senza l'uso dei mezzi, poiché riteniamo che il governo non stia ascoltando le nostre preoccupazioni e le sigle sindacali non ci rappresentino più", ha dichiarato uno dei manifestanti.
La situazione evidenzia la crescente frustrazione dei coltivatori italiani nei confronti del governo e delle organizzazioni sindacali. La minaccia di portare i trattori direttamente nella capitale sottolinea la determinazione del movimento nel far sentire la propria voce e ottenere risposte alle loro richieste. Resta da vedere come il governo risponderà a questa escalation della protesta agricola che, secondo i manifestanti, è alimentata dalla mancanza di ascolto e rappresentanza efficace.

I vincoli ambientali introdotti con la riforma del 2021 sono tra le motivazioni che hanno scatenato le proteste degli agricoltori

C’è un filo rosso che lega le proteste degli agricoltori che da inizio anno si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa. Si tratta della Pac, la Politica agricola comune, che rappresenta il principale strumento attraverso cui l’Unione europea regola i sussidi destinati al settore. L’ultima riforma della Pac è stata approvata nel 2021 e ha introdotto alcuni obblighi ambientali per rendere l’agricoltura più sostenibile e ridurre la quota di emissioni climalteranti, circa l’11% del totale di gas serra prodotti dai Paesi dell’Unione europea. Questi nuovi paletti sono vissuti come un vero e proprio fardello da una parte degli agricoltori, che protestano per chiedere limiti meno stringenti e una revisione generale delle regole della Pac. Il loro malcontento, in Italia così come in altri Paesi europei, è stato cavalcato soprattutto dai partiti di destra, che nell’ultima legislatura si sono opposti a buona parte dei provvedimenti che rientrano nel Green Deal, il pacchetto di misure attraverso cui l’Ue punta a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050.

La sponda politica della destra

In occasione del Consiglio europeo straordinario a Bruxelles, il leader della Lega Matteo Salvini ha condiviso alcune immagini delle proteste e si è schierato «dalla parte di agricoltori e produttori che si fanno sentire per chiedere lo stop a decisioni ideologiche e lontane dalla realtà». 
Sulla stessa linea anche il ministro Francesco Lollobrigida, che ha bollato come «semplicemente folli» le politiche «dell’Unione Europea, avallate dai Governi che ci hanno preceduto» e che usano «la sostenibilità ambientale come una clava». Antonio Tajani, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, ha accusato invece Bruxelles di «sacrificare l’uomo e il lavoro in nome del nuovo panteismo» in difesa del clima. La protesta degli agricoltori, insomma, è stata cavalcata dai principali partiti di destra e centrodestra, che ora chiedono di ascoltare le richieste del settore e fare un passo indietro su alcune misure della Pac riconducibili agli obiettivi del Green Deal.

L’attacco di Bonelli

Eppure, secondo Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde, i tre ministri stanno omettendo un pezzo importante della storia. Gli eurodeputati dei partiti che compongono l’attuale maggioranza del governo Meloni, ricorda Bonelli, hanno votato a favore della riforma della Pac del 2021. «Meloni, da leader politica, ha votato tutte le riforme sbagliate dell’Ue, mentre oggi, senza vergogna, afferma di essersi opposta», attacca il portavoce dei Verdi italiani. Bonelli accusa i partiti di maggioranza di ipocrisia e invita ad ascoltare le richieste degli agricoltori: «Vanno ascoltate le loro ragioni. Quello che troviamo inaccettabile è la strumentalizzazione della destra italiana, che dà la responsabilità di quanto sta accadendo alla transizione ecologica, al Green Deal. È una grande bugia, una grande menzogna».
Il voto sulla Pac del 2021

Sul voto della Pac, Bonelli ha ragione. Scorrendo tra i risultati delle votazioni della seduta dell’Eurocamera del 23 novembre 2021, ci si accorge infatti che i tre atti legati all’approvazione della nuova Pac sono passati grazie a una maggioranza bipartisan, che va dal centrosinistra dei Socialisti & Democratici (S&D) alla destra conservatrice di Identità e Democrazia (Id) e dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr). L’atto che regola il finanziamento, la gestione e il monitoraggio della Politica agricola comune, per esempio, è stato approvato con 485 voti a favore, 142 contrari e 61 astenuti. Tra chi ha dato luce verde al provvedimento ci sono anche diversi europarlamentari di destra e centrodestra, tra cui: Carlo Fidanza, Sergio Berlato, Nicola Procaccini e Pietro Fiocchi (Fratelli d’Italia), Matteo Adinolfi, Danilo Oscar Lancini, Paolo Borchia, Susanna Ceccardi, Angelo Ciocca, Isabella Tovaglieri, Silvia Sardone (Lega), Silvio Berlusconi, Isabella Adinolfi, Salvatore De Meo (Forza Italia). Assieme a loro ci sono anche diversi eurodeputati di centro e centrosinistra – da Carlo Calenda (leader di Azione) a Pina Picierno e Giuliano Pisapia (Pd) – che però a differenza dei loro colleghi non hanno sposato la crociata anti Green Deal di una parte degli agricoltori. A votare contro la riforma della Pac sono stati soprattutto eurodeputati di The Left e dei Verdi, tra cui gli italiani Ignazio Corrao ed Eleonora Evi.
I lunghi negoziati e il compromesso finale

La vicenda necessita però di un po’ di contesto. Il via libera al testo finale della riforma della Pac è arrivato infatti dopo un negoziato lunghissimo, durato circa due anni. E che alla fine, come spesso succede in questi casi, ha lasciato tutti soddisfatti solo a metà. Centrosinistra e verdi hanno ottenuto, su spinta dell’ex commissario Frans Timmermans, l’inclusione di obiettivi di sostenibilità ambientale all’interno della riforma. Mentre conservatori e popolari sono riusciti a stralciare alcune delle norme considerate troppo stringenti. Il testo finale della Pac, frutto di un compromesso tra i diversi schieramenti, è stato bocciato dai Verdi, costretti a rinunciare a troppi punti a loro cari, ma ha incassato l’appoggio dei conservatori, pur con qualche obiezione. In una nota pubblicata poco dopo il voto in plenaria, Fratelli d’Italia parlava di un risultato «non perfetto sotto il profilo della burocrazia e della semplificazione».
Cosa prevede la Pac

La riforma della Pac approvata nel 2021 stanzia complessivamente 387 miliardi di euro, circa un terzo del totale del bilancio dell’Unione Europea, da distribuire tra il 2023 e il 2027. Una delle principali novità del provvedimento è il meccanismo della «condizionalità sociale». Per accedere agli aiuti comunitari, le aziende agricole sono tenute a rispettare le leggi sul lavoro e contro il caporalato ma devono anche sottostare ad alcuni “paletti” ambientali. A partire dal 2024, per esempio, chi possiede una superficie superiore a 10 ettari è obbligato a lasciare a riposo almeno il 4% del proprio terreno. Questa misura è stata una delle più contestate dagli agricoltori, che alla fine sono riusciti a convincere la Commissione europea a fare un passo indietro e posticipare al 2025 l’entrata in vigore. In generale, 
l’ultima versione della Pac è stata agganciata a una serie di obiettivi di sostenibilità ambientale. Il piano Farm to Fork prevede per esempio di riconvertire entro il 2030 almeno il 25% dei terreni coltivati ad agricoltura biologica. Altri dossier relativi alla transizione del settore sono ancora in fase di definizione, a partire dalla proposta per ridurre l’uso di pesticidi o la contestata nature restoration law. Attraverso questi dossier, l’Ue punta ad accompagnare le aziende agricole verso un modello più sostenibile e meno inquinante. Ma tra gli agricoltori restano ancora parecchie perplessità, che finora sembrano essere state intercettate soprattutto dai partiti conservatori.



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