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Maggio del Libri :CHIESA DI SAN ROCCO DI MILAZZO VENERDI' 21 P.V. ALLE ORE 18 con l'Associazione Culturale Teseo



La Comunicazione Circolare
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE TESEO PARTECIPA AL "MAGGIO DEI LIBRI" ,MANIFESTAZONE NAZIONALE PER LA PROMOZIONE DEL LIBRO E DELLA LETTURA, CON UN EVENTO SULLA "COMUNICAZIONE CIRCOLARE" PRESSO LA CHIESA DI SAN ROCCO DI MILAZZO VENERDI' 21 P.V. ALLE ORE 18 PER CONSENTIRE AGLI INTERVENUTI DI GODERE ANCHE DELLO SPETTACOLO DEL TRAMONTO. NEL CORSO DELL'EVENTO POTRANNO ESSERE LETTE PAGINE DI LIBRI SUGGERITE DAI PARTECIPANTI E DALL'ORGANIZZAZIONE. VI ASPETTIAMO. UNICA ASSOCIAZIONE CHE PARTECIPA A QUESTO IMPORTANTE EVENTO DI PROMOZIONE DEL LIBRO.
P.S.:AGLI INTERVENUTI VERRA' CONSEGNATO UN ATTESTATO DEL "MAGGIO DEI LIBRI".

Giornali, radio, cinema, televisione, permettono una comunicazione di tipo molto diverso, una comunicazione alla quale partecipano contemporaneamente molte più persone. Quasi tutte, però, vi partecipano da lettori, ascoltatori o spettatori, insomma da destinatari e non da emittenti del messaggio. E' molto facile ricevere, è molto più difficile trovarsi dietro la penna, il microfono o la macchina da presa, e parlare. La comunicazione è di norma da uno a molti, o quantomeno da pochi a molti, e l'asimmetria di ruoli fra emittente e destinatario suggerisce l'idea di una comunicazione verticale. Anche per questo, la maggior parte dei partecipanti a questo tipo di scambio informativo tende ad assumere un ruolo almeno in parte passivo.

Il futuro del libro
Il libro stampato, come sappiamo, è il risultato di quella che, per l'importanza dei suoi effetti, è spesso considerata una vera e propria rivoluzione: l'invenzione da parte di Gutenberg, alla metà del XV° secolo, della stampa a caratteri mobili.


Molto probabilmente la tecnica di stampa a caratteri mobili usata in Cina e Corea viene successivamente importata in Europa. Questo grazie all’intensificazione del commercio con l’Oriente, anche se di questo passaggio non c’è una testimonianza storica diretta. Pertanto per il Vecchio continente si inizia a parlare di stampa con Johann Gutenberg, storicamente considerato l’inventore della stampa moderna. Anche se è probabile che altri inventori tedeschi, boemi, italiani e olandesi lavorassero in quegli anni nella stessa direzione.
In effetti il merito indiscusso del tipografo tedesco è stato quello di innovare i materiali. Gutenberg, memore della sua consolidata esperienza come orafo, realizza nuovi caratteri mobili sostituendo il legno ed il ferro con una lega di antimonio, stagno e piombo. Tale innovazione, unita alla scelta di nuovi inchiostri ad olio e ad una rivoluzionaria concezione di pressa ispirata al torchio per l’uva, conferisce alla macchina per la stampa maggiore precisione, velocità e resistenza nel tempo. Così grazie a Gutenberg e ai suoi due soci, il banchiere Johann Fust e l’incisore Peter Schöffer, in Europa a partire dalla metà del 1400 si hanno delle particolari opere di stampa dette “incunaboli”. La prima delle quali rappresentata dalla celebre Bibbia di Gutenberg o Bibbia a 42 linee, dal numero delle righe di testo che strutturano ogni pagina. 
Nel 1470, finalmente la diffusione della stampa a caratteri mobili inizia a vedere la sua massima diffusione. Così viene costruita a Parigi la prima pressa di Gutenberg ad opera di Jean Heynlin, mentre sei anni più tardi si ha la comparsa della tecnica tedesca a caratteri mobili anche in Inghilterra. 

Pensiamo adesso a quello che per molti è oggi l''avversario' per eccellenza del libro, il computer.
Cosa dire, dunque, delle profezie sulla fine della cultura del libro? Che certo, con l'avvento del digitale, anche il libro cambierà volto. Progressivamente, appositi 'lettori' per testi elettronici tenderanno a sostituire i libri su carta. Su questi lettori, il testo scritto si affiancherà a immagini, video, suoni. Ma non scomparirà: continueremo a leggere romanzi e poesie, proprio come abbiamo fatto per secoli, anche se certo compariranno forme di testualità nuove, e alcune di quelle più antiche saranno profondamente modificate. In conclusione: la cultura del libro (o – come è forse più esatto dire – la cultura del testo) non scomparirà, ma conoscerà un'altra, importante tappa della sua evoluzione millenaria.

Si tratta di tipici prodotti informativi a utilità ripetuta, e questo consente, col tempo, un 'accumulo di voci' tra le quali l'utente ha una vasta libertà di scelta. La trasmissione radiofonica o televisiva è invece normalmente un evento informativo 'di flusso', che nasce e muore in uno spazio di tempo prefissato: i tempi della sua fruizione non dipendono dalle scelte del destinatario ma da quelle dell'emittente, e l'asimmetria fra i due ruoli ne risulta ulteriormente accresciuta.

Rispetto ai modelli finora considerati di comunicazione orizzontale da uno ad uno, e di comunicazione verticale da uno a molti o da pochi a molti, le reti telematiche permettono qualcosa di completamente nuovo. In questo caso abbiamo a che fare con un modello comunicativo in cui ciascuno può, per così dire, realizzare il suo programma, scrivere e stampare il suo giornale: una comunicazione non più orizzontale o verticale ma appunto reticolare, da molti a molti.
In rete è estremamente facile passare dal ruolo spesso passivo di 'destinatario' del messaggio, di 'ascoltatore', al ruolo attivo di chi crea e diffonde un messaggio, al ruolo cioè di emittente.

Proprio come accade nel mondo reale, la rete tende a costruire gerarchie di visibilità, di prestigio, e in definitiva di potere. Tutti possono scrivere, ma non tutti hanno gli strumenti per scrivere in maniera egualmente efficace e visibile. Questi strumenti sono tecnologici (occorre evidentemente disporre di un computer collegato alla rete e in grado di svolgere i 'compiti comunicativi' che intendiamo affidargli) ma sono anche, e forse soprattutto, culturali ed economici. Pensate ad esempio alla importanza di una buona conoscenza dell'inglese, che è un po' la 'lingua franca' della rete, o alla necessità di disporre dell'alfabetizzazione telematica di base necessaria a usare in maniera efficace gli strumenti informatici: per poter diventare realmente, e non solo potenzialmente, emittenti di informazione, occorre infatti saper preparare un documento per l'immissione in rete, e disporre di un server che lo ospiti. E tenete anche presente che, se è vero che inserire informazione in rete non è di per sé eccessivamente costoso, farlo in modo 'professionale' lo è: servono grafici e impaginatori abili, e occorre saper pubblicizzare adeguatamente il proprio sito.

La crescita e la differenziazione dei media, lo abbiamo già ricordato, non hanno a che fare solo con l'evoluzione tecnologica. Vi sono, accanto ad essa, rilevanti aspetti culturali e sociali che vanno considerati. Così, ad esempio, ogni medium tende a sviluppare proprie convenzioni comunicative, 'stili' espressivi diversi, linguaggi specifici

Apparentemente, 'multimedialità' sembra un termine autoesplicativo: una comunicazione sarà multi-mediale quando coinvolge molti (e diversi) media.

Quando si pensa a un prodotto multimediale, il primo a venire in mente è probabilmente un CD-ROM. Dal punto di vista fisico, il medium è uno solo, il familiare dischetto traslucido.

E' allora un errore, considerare multimediale un CD-ROM? In un certo senso, possiamo rispondere senz'altro di sì: si tratta indubbiamente di un medium nuovo, ma si tratta appunto di un medium, non di molti-media.

Si obietterà che il punto non è questo, che nel parlare di multimedialità ci si riferisce piuttosto all'intreccio fra diversi codici espressivi (scritto, sonoro, immagini, video…), utilizzati in maniera integrata per realizzare un unico 'oggetto comunicativo'

In questo caso l'accento è evidentemente posto non già sul supporto fisico o sul linguaggio di codifica utilizzato – non è insomma posto sul medium fisico - ma sul tipo di informazione che viene convogliata. Se torniamo al nostro CD-ROM, constatiamo che esso può effettivamente integrare informazioni di tipo diverso, tradizionalmente collegate a media diversi: testo, suono, immagini, spezzoni video. La maggior parte delle definizioni, in genere implicite, di multimedialità, utilizzano evidentemente questo criterio per definire 'multimediale' un CD-ROM.

Insomma, apparentemente abbiamo a nostra disposizione due diverse definizioni di multimedialità. Una 'centrifuga', che – più vicina all'etimologia del termine - considera multimediale un progetto comunicativo che coinvolga e integri media diversi.

Accanto a questa multimedialità 'centrifuga' avremo poi una multimedialità 'centripeta', o multicodicalità, che non ha nulla a che fare con la moltiplicazione di media fisici, ma si basa piuttosto sull'integrazione di codici comunicativi ed espressivi diversi.

Il guaio è però che l'uso abituale del termine sembra prescindere del tutto da questa distinzione, mescolando i due significati e estraendo da questo miscuglio tutto quello che sembra 'nuovo' e tecnologicamente avanzato.

Di per sé, infatti, qualunque sia il significato che si attribuisce al termine, la categoria di 'prodotto multimediale' non garantisce affatto di avere a che fare con un progetto comunicativo efficace o particolarmente innovativo.

Un altro termine molto usato (e abusato) nelle discussioni sui nuovi media è quello di interattività. Cosa intendiamo dire, quando qualifichiamo un programma, uno strumento informatico, un sito Internet come 'interattivo'?

Tutta la nostra esperienza nasce infatti dall'interazione con la realtà; da questo punto di vista, qualunque oggetto e qualunque fenomeno è per noi 'interattivo'. Questo vale, a maggior ragione, per gli atti di comunicazione, anche quando essi si concretizzano in un 'oggetto comunicativo' dall'apparenza fissa e immutabile (come ad esempio un libro).

Un oggetto informativo (ad esempio un programma) si dice interattivo se può partecipare a un processo di comunicazione modificando in maniera esplicita l'informazione emessa, in corrispondenza delle scelte degli altri partecipanti a tale processo.

L'idea alla base di questa definizione è quella di un processo comunicativo dinamico, che avviene utilizzando anche strumenti in grado di modificare l'informazione trasmessa (e ricevuta), e di operare queste modificazioni in risposta a scelte compiute dai partecipanti al processo comunicativo stesso.

Al cuore del concetto di interattività è dunque l'idea di un utente che, anziché ricevere informazione in maniera relativamente passiva, è in grado di compiere scelte che influenzano tipologia e contenuto dell'informazione da lui ricevuta: l'utente dispone insomma di un canale di feedback, di reazione e questo canale viene utilizzato per indurre il sistema ad 'adattare' l'informazione emessa alle necessità e alle richieste del destinatario.

La maggior parte dei programmi informatici, la maggior parte del software, è di necessità interattiva.

Il concetto di interattività ha molto a che fare con un altro concetto : il concetto di interfaccia. Perché l'utente possa interagire, ad esempio, con un programma, occorre che il programma disponga di una interfaccia che permetta all'utente stesso di 'comunicare' le proprie scelte e le proprie preferenze, e – possibilmente – di farlo in modo semplice e intuitivo.

Sbaglieremmo a pensare che, come sembrano suggerire a volte le pubblicità di programmi e giochi, l'interattività implichi automaticamente una sorta di 'intelligenza della macchina'. Il fatto che un programma di videoscrittura sappia, a comando, sottolineare una certa frase ne dimostra le capacità interattive ma non lo rende per questo intelligente.

Un ipertesto consiste di una serie di blocchi testuali (chiamati spesso lessie ) e di una serie di collegamenti e rimandi (link) istituiti fra tali blocchi, fra porzioni di tali blocchi, o all'interno di un singolo blocco. Quando almeno alcuni dei nodi corrispondono, anziché a blocchi di testo scritto, a informazioni di altra natura (immagini, suoni, filmati...), anziché di ipertesto si parla in genere di ipermedia.

Non sempre un testo è costruito per essere letto linearmente, dall'inizio alla fine. A volte un testo ammette letture non lineari, una pluralità di percorsi possibili. Molto spesso, quando si parla di ipertesto, si fa riferimento proprio a testi organizzati in maniera da poter essere letti attraverso percorsi non lineari. La non-linearità, insomma, è un tratto normalmente associato agli ipertesti.

Per costituire un ipertesto i blocchi testuali (o, più in generale, i blocchi informativi) devono essere collegati da link, devono dunque prevedere percorsi che l'autore propone al lettore. Il lettore di un ipertesto, dunque, ha sì la possibilità di scegliere il percorso di lettura che preferisce fra quelli che gli propone l'autore, ma non ha lo stesso tipo di libertà che ha il lettore di un'enciclopedia rispetto all'ordine di lettura delle singole voci, o il lettore di un giornale rispetto all'ordine di lettura dei singoli articoli.

Il computer ci fornisce una perfetta 'macchina di navigazione' all'interno dei percorsi ramificati stabiliti attraverso i link di un ipertesto. Se noi, all'interno di una nota in un libro a stampa, volessimo inserire una sottonota, e all'interno della sottonota un'altra nota ancora, e da questa rimandare magari a un altro punto del testo di partenza, renderemmo l'uso del libro molto scomodo per il lettore, costretto a sfogliare fisicamente le pagine per trovare, di volta in volta, il riferimento esatto. Il movimento 'fisico' all'interno di un percorso ipertestuale complesso si rivela, insomma, spesso poco pratico. Quando però i link sono elettronici, e il movimento all'interno dell'ipertesto viene controllato dal lettore attraverso il computer, sarà il computer a occuparsi di ritrovare istantaneamente il punto esatto al quale viene fatto il rimando, il blocco di informazioni verso cui spostarsi, e a proporlo immediatamente al lettore, in risposta a un semplice click del mouse.

L’applicazione probabilmente più diffusa di Internet, il World Wide Web, non è altro che un gigantesco ipertesto distribuito: trovare quello che si cerca può essere difficile, e alcuni dei percorsi che ci vengono messi a disposizione portano a vicoli ciechi, o a informazioni non pertinenti rispetto al cammino che volevamo fare.

World Wide Web nel suo complesso, e i molti ipertesti specifici che esso comprende, ad esempio sotto forma di singoli siti o di sezioni di un sito, non rappresentano certo il solo esempio di ipertesto elettronico: quasi tutti i CD-ROM sono organizzati nello stesso modo; lo stesso vale, a ben vedere, per le interfacce della maggior parte dei programmi, e la televisione interattiva promette di offrirci la stessa struttura anche in campo televisivo.

Se è vero che l'ipertesto consente al lettore una libertà di scelta fra più percorsi di lettura possibili, questa libertà è tuttavia strettamente legata alle scelte fatte dall'autore, ai sentieri che l'autore ha previsto. E' normalmente l'autore, insomma, che possiede quello che potremo chiamare potere di link, il potere di creare percorsi e collegamen



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